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A cura di Davide Pugnana

 

Arriva nelle stanze di Villa Bertelli questa densa e preziosa antologia di opere, provenienti dalla collezione degli eredi Maccari, con un nucleo prevalentemente selezionato sul fronte della ricerca pittorica. Il sottotitolo della mostra mette l’accento su uno spazio di intimità spesso al centro dell’iconografia maccariana: il salotto.

La mostra è a cura di Davide Pugnana, storico dell’arte e scrittore. In quel microcosmo ovattato, tra le penombre, custodi non solo della produzione ma della memoria del pittore, come idoli fissi, immuni al tempo, si affollano i dipinti, gli acquerelli, i disegni, i diari, le lettere, tutto lo sterminato paesaggio della fluviale produzione visiva e verbale di Mino Maccari.

Il ventaglio temporale della collezione Maccari abbraccia un arco di attività molto dilatato che qui principia dagli anni Trenta e arriva a toccare gli anni Settanta, instaurando un dialogo fecondo e serrato con la collezione permanente del museo del Quarto Platano.

Funambolo della linea, occhio implacabile e arguto, lepido castigatore di vizi, maestro della sintesi formale, termometro dei vizi e delle pieghe della vasta e tentacolare commedia umana; autore di moderni bestiari umani, inventore di colori stesi come micce pronte a scoppiare; artista dal graffio satirico e dall’umorismo ridanciano declinati in un segno librato ora in ardite scorciature ora violentemente troncato, Mino Maccari (Siena, 1889 – Roma, 1989), per un singolare effetto ottico, più si allontana da noi e dal nostro tempo più diviene ostinatamente nostro contemporaneo.

Disegnatore, pittore e incisore, Maccari, che fu della generazione di Carrà, De Pisis e Morandi, ha conquistato presto un posto stabile nel canone della nostra storia dell’arte contemporanea, attraversando da protagonista stagioni fittamente punteggiate da correnti artistiche, poetiche di rottura, traumi stilistici, divorzi con i valori della tradizione e ritorni all’ordine, senza mai ingolfarsi in effimere mode generazionali, catechismi estetici o scuole dalle ideologie precostituite.

Maccari ha incarnato, fin dai suoi esordi, la personalità di un artista libero e inclassificabile, e tale è rimasto lungo i sessant’anni di attività artistica che hanno popolato di figure indimenticabili il nostro immaginario: le donnine ilari e malinconiche, ritte sui tacchi, inguainate in calze ammiccanti, generosamente garrule e discinte, un po’ cocotte festose e un po’ torve ammiratrici; i gerarchi ritratti con deformanti sterzate di penna; la sfilata dei burocrati oblomoviani; i dittatori impettiti e mascelluti, o rimpiccioliti, da Napoleone a Mussolini; gli amici, artisti e letterati, visti sotto una lente estrosa e caricaturale (Flaiano, Morandi, De Chirico, Longanesi, Soffici, Soldati, Brancati, Baldini, Moravia, Longhi e Anna Banti, Oppo, Cardarelli, Malaparte, Ungaretti e altri); il microcosmo degli affetti familiari (pensiamo ai meravigliosi ritratti di Annie e dei figli); fino alle scene di insieme, spesso modulate su registri diversi: dalla leggerezza mondana e pettegola dei balletti e dei salotti, al dramma delle fucilazioni; dall’abbraccio degli amanti ai satiri e ai diavoletti.

 

La mostra rimarrà esposta nella Sala Ferrario fino all’11 gennaio 2026.

Ingresso libero – tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00.

Chiuso 25 dicembre e 1 gennaio 2026

Quando: Dal 12 Settembre 2025 al 11 Gennaio 2026
Ore: 16:00
Dove: Villa Bertelli

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